Apologia del cristianesimo scritta da sant'Agostino dal 412
al 426. L'opera è una filosofia dell'evoluzione storica della
società umana, ma è altresì un'interpretazione del vivere
civile secondo i dettami cristiani. L'accusa lanciata dai pagani che il
saccheggio perpetrato dai Goti di Alarico in Roma fosse conseguenza del disuso
nel quale erano caduti gli dei per imposizione del cristianesimo, diede lo
spunto al libro. Agostino dimostra che, anche quando il paganesimo imperava,
Roma era vittima di mali morali e materiali. Quindi controbatte coloro che
sostengono la restaurazione del culto pagano per attirare su Roma beni materiali
e felicità nell'al di là, e si scaglia particolarmente contro i
filosofi. Dalla trattazione polemica Agostino passa quindi a quella dialettica e
dogmatica, per dimostrare come, al contrario, la verità risiede
esclusivamente nel cristianesimo, e fa una descrizione cristiana nel mondo,
specie di quello morale, imperniato sulla ricerca della felicità.
Quest'opera meglio di ogni altra esprime la multiforme personalità di
Agostino, esegeta e metafisico, psicologo e teologo. Essa, più che una
filosofia della storia, è una metafisica della società, del
mutevole comportarsi di individui e nazioni. Come le
Confessioni
riconducono al dramma del Dio-Uomo, così la
C. di D. esprime la
lotta tra il vecchio e il nuovo Adamo, in ciascuno di noi. Perciò rimane
ancor oggi, nonostante l'evoluzione delle scienze storiche, un'opera viva e
vitale.